Sea Watch e non solo: una vicenda intrigata, in parte convulsa, forse senza vincitori perché i vinti sono dimenticati, nascosti, assenti, senza voce.
E’ come in tante altre circostanze e in molti altri avvenimenti: tutti vincitori.
Vincitore chi difende i princìpi …,
vincitore il predicatore della solidarietà,
vincitore il paladino della umanità,
vincitore chi urla per la difesa dei confini della patria,
vincitore chi si appella al diritto internazionale,
vincitore chi richiama al rispetto della legge nazionale,
vincitore chi sa ed è competente,
vincitore chi twitta e presume di avere ragione,
vincitore chi sale sulla nave,
vincitore chi da ordine dalla poltrona, ….
Parole molte, anche oltre misura,
ostili e pacate,
concitate e calme,
rabbiose e rispettose.
Nell’epoca della globalizzazione e della comunicazione senza confini,
i social ancora una volta sono individual,
pronti a veicolare settori geografici, orizzonti ristretti, spazi limitati.
Apparentemente le notizie informano, e deformano la cognizione degli eventi.
La realtà stenta ad essere raccontata e condivisa
per far crescere lo sguardo oltre l’immediato e il contingente,
e il racconto è un selphie ampliato:
del proprio interesse, del proprio tornaconto, della propria ideologia, del proprio guadagno, della propria falsificazione, della propria poltrona, del proprio potere.
Il muro, ogni muro, tende ad essere baluardo e difesa
di una identità povera,
di una razionalità adolescenziale,
di una prospettiva senza idee,
di un bene comune soggiogato a interessi di parte,
nell’illusione di potersi costruire un trono tra i grandi della storia.
I vincitori,
ogni vincitore,
così chiuso nella sua bolla di certezza, amplificata dal clamore mediatico,
rischia di non poter gioire
perché ha finito per dimenticare il perdente, lo sconfitto, il vinto:
il vinto si è perso nel clamore,
è ridotto al silenzio dalla tortura,
ha perso la voce per la fame,
è nudo perché privato della libertà che genera dignità,
è in silenzio perché lo sguardo non ha orizzonte,
è scomparso nel fondo del mare.
La giustizia va cercata e difesa,
con decisione e intelligenza,
senza tregua e senza disparità,
perché ogni male va perseguito e condannato
senza condono e immunità, senza privilegi e senza fughe.
Il vincitore per poter innalzare il suo trofeo
deve confrontarsi con l’avversario e rispettare il vinto
con lo sguardo oltre il proprio piccolo orizzonte,
con la coscienza oltre il personale egoismo,
con la mano tesa
perché il benessere di uno abbia la ricaduta almeno parziale nel prossimo,
perché le risorse materiali siano fonte di sostentamento anche per chi in dono non le ha ricevute,
perché l’uso non diventi abuso,
perché servire non sia asservire,
perché offrire lavoro non diventi dipendenza e schiavitù.
E senza il vinto e l’avversario, anche colui che innalza il suo trofeo perde il volto
e nella storia, oltre la meteora presente, è un anonimo.
I numeri rischiano di essere un numero,
e il clamore dei 40 silenzia e fa dimenticare gli altri duecento e oltre approdati nell’indifferenza e senza proclami né di diritti violati, né di umanità riconosciuta.
La distrazione non diventi distruzione,
e comunicare, strategia per omologare coscienze e intelligenze,
sia comun-I CARE:
I-CARE nella responsabilità cosciente, intelligente, critica, per ogni persona umana.