Archivio mensile:Novembre 2018

ASCOLTARE I GIOVANI PER CAMMINARE INSIEME

Il Sinodo dei Vescovi 2018 interpella ogni comunità ecclesiale e convoca per un rinnovato dinamismo giovanile.

Forse la denatalità, forse l’accentuazione mediatica di atti di violenza e di microcriminalità, forse la insufficiente valenza politica, e altro che ciascuno di noi  potrebbe elencare secondo la personale esperienza …: molteplici sono gli elementi che portano a una insufficiente rilevanza sociale dei giovani.

L’attenzione non varia di molto quando si presta attenzione ai giovani adulti: emerge la mancanza di lavoro e la difficoltà a organizzare e gestire una nuova famiglia.

Se l’attenzione si sposta nel contesto religioso ed ecclesiale, facilmente si cade nella monotonia delle lamentele: allontanamento dalle pratiche religiose, indifferenza e irrilevanza della fede, distacco dalla Chiesa e dal suo Magistero. A incoraggiamento si evidenzia, con percentuali variabili, il persistere dei riti di passaggio, connotati socialmente, quali la prima Comunione, il Battesimo, il Rito delle Esequie, e il Matrimonio.

Immagini negative e valutazioni pessimistiche ?

Probabilmente sì, ma questo è il quadro che con facilità e forse con superficialità si va talvolta ripetendo anche in più di un circolo ecclesiastico: non è più come una volta.

Eppure non mancano valide e numerose esperienze di volontariato. Quando l’omelia va oltre i luoghi comuni e si concentra sulla centralità della Parola, con un linguaggio semplice, concreto e diretto, è capace di coinvolgere ragazzi e giovani.  La preghiera quando si nutre di silenzio oltre che di espressioni mandate a memoria, pur cariche di memoria storica, è capace di aprire una breccia nel rumore quotidiano. E in una realtà sociale segnata dall’anonimato, il chiamarsi per nome e il riconoscersi reciprocamente in cammino rende l’esperienza di chiesa comunione che si fa comunità, e allora con meno difficoltà si spezza e si condivide il pane della fraternità, lo sguardo per il prossimo, l’attenzione per la meta.

Condividere con passione la realtà dei giovani esige alcune condizioni particolari. Non può essere una riflessione tra le tante. E’ in gestazione il mio futuro, il tuo, il nostro. E’ necessario confrontarsi, discutere, riflettere, conoscere. E’ proprio necessario appassionarsi. E quando c’è la passione non può mancare l’ascolto.

La preparazione al prossimo Sinodo convocato da Papa Francesco con il tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale finora è stata caratterizzata dall’ascolto.

Quando si parla di giovani e di educazione si pensa innanzi tutto a dire, indicare, forse rimproverare, poco ascoltare.

Nei giorni 19-24 marzo 2018, per una riunione presinodale,  si sono radunati a Roma oltre 300 giovani, provenienti da tutto il mondo con molteplici contesti sociali e culturali e appartenenti anche a diverse religioni.

Ai 300 giovani presenti fisicamente all’incontro, si sono uniti 15.000 giovani collegati online attraverso gruppi Facebook: hanno lavorato divisi in 20 gruppi linguistici, e ulteriori 6 gruppi hanno  collaborato tramite i social media. E’ stato elaborato un documento, presentato al Papa nella Domenica delle Palme, e contribuirà all’Instrumentum Laboris del Sinodo dei Vescovi 2018.

E’ un Sinodo che si fa emblematico per ogni comunità ecclesiale e per ogni gruppo e movimento ecclesiale primariamente per una fondamentale e strategica metodologia: l’ascolto.

E’ stato lo stesso Papa Francesco a incoraggiare i giovani radunati: “Troppo spesso si parla di giovani senza lasciarci interpellare da loro. Quando qualcuno vuole fare una campagna o qualcosa, ah, lode ai giovani!, non è così?, ma non permette che i giovani li interpellino. Lodare è un modo di accontentare la gente. Ma la gente non è sciocca o stupida. No, non lo è. La gente capisce. Soltanto gli scemi non capiscono. In spagnolo c’è un motto bellissimo che dice: “Loda lo scemo e lo vedrai lavorare”. Dare la pacca sulla spalla e lui sarà contento, perché è scemo, non se ne accorge. Ma voi non siete scemi! Anche le migliori analisi sul mondo giovanile, pur essendo utili – sono utili –, non sostituiscono la necessità dell’incontro faccia a faccia. Parlano della gioventù d’oggi. Cercate per curiosità in quanti articoli, quante conferenze si parla della gioventù di oggi. Vorrei dirvi una cosa: la gioventù non esiste! Esistono i giovani, storie, volti, sguardi, illusioni. Esistono i giovani. Parlare della gioventù è facile. Si fanno delle astrazioni, percentuali… No. La tua faccia, il tuo cuore, cosa dice? Interloquire, sentire i giovani. A volte, evidentemente, voi non siete, i giovani non sono il premio Nobel per la prudenza. No. A volte parlano “con lo schiaffo”. La vita è così, ma bisogna ascoltarli.”

Ascoltare diventa un esercizio spirituale e pastorale in ogni comunità ecclesiale, a cominciare da quelle locali.

Ascoltare i giovani sulle loro esperienze quotidiane fatte di sfide e di opportunità, di sogni ed entusiasmi e di delusioni e scoraggiamenti. Ascoltarli per farci raccontare da essi il loro rapporto con Gesù, il come vivono l’esperienza della fede e quella dell’allontanamento, quella della gioia e quella del silenzio e del buio. Ascoltarli per farci raccontare la loro esperienza di chiesa, i segni di un rapporto ora positivo e ora conflittuale, ora di apprezzamento e ora di rifiuto. Anche i commenti nella recente Via Crucis del venerdì Santo al Colosseo sono stati occasione per l’ascolto dei giovani chiamati a collaborare per la loro elaborazione.

Ascoltare e meditare. Attendere prima di discutere e di presumere di dare risposte.

Certamente l’ascolto diventa momento e spazio per camminare insieme verso la meta che deve coinvolgere ogni persona nell’esperienza di fede e di chiesa: il discernimento vocazionale.

Lo ha ribadito Papa Francesco incontrando i giovani: “Il prossimo Sinodo si propone in particolare di sviluppare le condizioni perché i giovani siano accompagnati con passione e competenza nel discernimento vocazionale, cioè nel «riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza» (Documento preparatorio, Introduzione). Tutti noi abbiamo questa chiamata. Voi, nella fase iniziale, siete giovani. Questa è la certezza di fondo: Dio ama ciascuno e a ciascuno rivolge personalmente una chiamata. È un dono che, quando lo si scopre, riempie di gioia (cfr Mt 13,44-46). Siatene certi: Dio ha fiducia in voi, vi ama e vi chiama. E da parte sua non verrà meno, perché è fedele e crede davvero in voi. Dio è fedele. Per i credenti dico: “Dio è fedele” “.

Questo bel cammino ecclesiale è già in atto e molte sono anche le occasioni per conoscere e lasciarsi coinvolgere, perché ciascuno e tutti siamo disponibili per far crescere  un rinnovato dinamismo giovanile nelle diverse esperienze di chiesa che viviamo.

Le pagine web www.synod2018.va costituiscono la fonte principale e autentica per conoscere e lasciarsi coinvolgere in questo evento di Chiesa che è evento di Spirito.

AMORE DIO E AMORE PERSONA UMANA: CORRISPONDENZA BIUNIVOCA

Abbiamo pregato: O Dio, donaci la grazia dell’ascolto, perché i cuori, i sensi e  le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio”.

Donaci la grazia dell’ascolto….

Nella Parola che è stata proclamata, ben tre volte è risuonata la espressione: “Ascolta Israele”.

La preghiera di Israele, specie al mattino e alla sera, fa risuonare questo invito, che diventa anche ammonimento: Ascolta Israele.

Può essere questo il primo insegnamento che ci viene consegnato.

Si trova scritto che il problema della comunicazione umana  è che non ascoltiamo per capire, ma per rispondere.

Parafrasando e reinterpretando l’espressione potremmo dire: che preghiamo per parlare e per domandare, non per ascoltare.

Nella preghiera siamo chiamati a manifestare la nostra fede, la nostra figliolanza, il nostro essere creature umane, manifestandoci nella condizione di chi ascolta per capire, di chi legge per imparare, di chi domanda, ma per eseguire.

Siamo spesso indaffarati e talvolta forse anche un po’ preoccupati per verificare se il nostro telefono ha campo sufficiente per essere captato e per cogliere immediatamente lo squillo di chi ci chiama.

Siamo impegnati a essere reperibili nei circuiti delle relazioni umane, ma forse non altrettanto nella relazione con quel Dio al quale osiamo rivolgerci per ripetere, come nella preghiera iniziale, “tu sei l’unico Signore e  non c’è altro Dio all’infuori di te”.

Se ascoltare è sentire e dare attenzione, se ascoltare è in qualche modo predisporsi a dare rilevanza a ciò che viene proclamato, sorge spontanea anche la domanda: a chi diamo maggiore ascolto ? quale sono le fonti alle quali ci rivolgiamo per nutrire e irrobustire la nostra fede e per ispirare le nostre azioni ?

E di conseguenza: quale rilievo ha per la nostra vita l’ascolto della Parola e della Parola di Dio per evitare che il sopravvento sia quello delle parole umane, il sopravvento della Parola dell’uomo e non della Parola di Dio ?

E non può che essere la Parola di Dio quella che deve guidarci a capire cosa sia più rilevante, cosa più importante, cosa più significativo per la nostra vita.

Quando a Gesù fu chiesto “Quale è il primo di tutti i comandamenti ?” , non ha invocato la sua figliolanza divina, non si è espresso con la autorità del “ma io vi dico”, ma è andato a recuperare quanto già espresso nella Parola che era ben nota.

“Amare Dio con  tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la forza” era un’espressione del Deuteronomio e che faceva parte della preghiera che iniziava con “Ascolta Israele”, e “Amerai il prossimo tuo come te stesso” era un’espressione già presente nel Levitico.

Non era facile per il Popolo districarsi nei numerosi Precetti: ben 613 !!!!

Un numero derivato da due altri numeri, risultato della somma di 248 e 365.

248: il numero ritenuto corrispondente al  numero delle ossa umane e 248 i precetti in positivo.

365: uno per ogni giorno dell’anno e corrispondente ai precetti negativi.

Difficile capire e di conseguenza difficile e quasi impossibile anche vivere nel rispetto di tutti e 613 insegnamenti.

Quale dunque prioritario e quale essenziale, quale il primo per acquisire una sufficiente certezza di essere a posto con Do e così possedere la salvezza ?

 

Amare vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”.

Non gesti esteriori, non una pratica formale, non rituali fine a se stessi, non uno stile di vita che forse in qualche momento mette in silenzio la coscienza. Non sono eliminati olocausti e sacrifici, così come oggi non sono da eliminare preghiere e riti, novene e primi venerdì, un lumino davanti alla statua e un’offerta per il bisognoso. Ma senza amore sono un investimento a basso interesse.

Amare Dio e amare il prossimo: due amori connessi uno all’altro e ognuno rende autentico e vero l’altro.

Il prossimo: non quello che io cerco, ma colui che mi incontra e che diventa prossimo, vicino a me.

L’amore di Dio è autentico se si realizza nell’amore per il prossimo.

Comprendiamo allora quanto sia rilevante la preghiera che invoca la capacità di amare perché anche a ciascuno di noi il Signore Gesù possa dire: “non sei lontano dal regno di Dio”.