EDUCARE NEL CORTILE DIGITALE

Testimonianza e riflessioni
Esperienza di un educatore del Movimento Giovanile Salesiano.
Faccio subito una premessa: non sono uno studioso dei processi educativi, un sociologo etc. Sono semplicemente un educatore che cammina accanto ai ragazzi nella loro quotidianità, non solo quando vengono in oratorio.
Ultimamente sto riflettendo sul valore di Facebook, a cui mi sono iscritto poco meno di un anno fa, principalmente proprio per condividere con i ragazzi anche questo ambiente. Un santo che ci è “familiare”, Giovanni Bosco, amava dire: “Coi giovani e coi tempi”.
Ormai questi strumenti sono diventati parte integrante della vita quotidiana e tutti avvertiamo la delicatezza, la complessità e l’opportunità di questo mondo. E come educatori dobbiamo essere consapevoli delle sue potenzialità e allo stesso tempo mettere sull’attenti, senza allarmismi, dei reali pericoli di questa “piazza”.
Si dice che comunicare con i giovani di oggi non sia facile, che si creano un mondo tutto loro e che vi si entra solo se essi lo permettono. Sarà vero? «Amate ciò che amano i giovani, affinché essi amino ciò che amate voi». Ecco la chiave per entrare in questo mondo speciale e ricco di emozioni, esigenze, gioie, dolori, desideri.
Noi educatori non possiamo fare a meno di “amare” questi strumenti e di pensare percorsi educativi che li rendano, almeno per quello che si può, delle risorse e delle occasioni educative. Non dobbiamo abbandonare l’arena digitale, ma per “abitare” un luogo bisogna averne dimestichezza e familiarizzare con le sue peculiarità.
Facebook: mezzo valido oppure no? Non me la sento di dare una risposta secca, credo che dobbiamo essere gli uomini dell’et et e non dell’aut aut. Non esiste solo il bianco e nero, cioè la somma totale o l’assenza totale dei colori. La realtà è molto più sfumata.
L’utilità di questi mezzi non la metto in discussione, è enorme: si è in contatto più velocemente, la conoscenza si allarga, si condividono cose interessanti e utili. Le nuove tecnologie digitali permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio fisico e hanno portato a cambiamenti importanti nei modelli di comunicazione e nei rapporti umani.
C’è un pericolo però, tra tanti: quello di acquisire una mentalità da Facebook.
Presi dal pubblicare la nostra vita su questa bacheca virtuale, abbiamo dimenticato di viverla pienamente?
Credo proprio che la vita vera è soprattutto là fuori: quella fatta di giornate che non hanno bisogno di una scritta pubblicata su una bacheca per dire che le abbiamo vissute alla grande, di sentimenti che non si riescono a scrivere ma si provano, di paesaggi che ti rimangono dentro senza per forza immortalarli solo per cambiare la foto del proprio profilo. Pensiamo alle amicizie: hanno bisogno di realtà, non di uno schermo virtuale, e gli amici si guardano diritti negli occhi, non attraverso una fotografia. Sarebbe molto triste se la voglia di sostenere on-line le amicizie abbia il sopravvento sulla disponibilità a confrontarsi a quattr’occhi, su una risata davanti ad una pizza, su un litigio che si conclude con un legame più vero e autentico, su una passeggiata a discutere del più e del meno, su un pianto causato da un fraintendimento.
Benedetto XVI ce lo ha ricordato: “Il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.” (Messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali).
A tutti piace sentirsi rivolgere: “Mi manchi. Per me sei importante, ti voglio bene.” Parole che sono come un profumo; ti seguono dovunque tu vada. Ti fanno compagnia e ne godi.
Ma mi domando se è la stessa cosa vederle scritte su un social network o ascoltarle a voce.
Concludendo, mi viene in mente un episodio del Vangelo: quello del Giovane Ricco. “Fissatolo, lo amò”. Chissà, con Facebook, se abbiamo sostituito con occhi virtuali ed effimeri, gli occhi della realtà e del cuore…

Francesco Tota – Coordinatore MGS-Marche

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