Una volta era tradizione nelle Case Salesiane, ed io nell’Oratorio che frequentavo, celebrare una volta al mese un momento di riflessione e di preghiera che si chiamava “esercizio della buona morte”.
Al di la della terminologia che oggi provocherebbe gesti scaramantici e parole a rischio blasfemia, era un momento per proiettarci verso la meta finale.
E’ scomparso… si è spento …. è scomparso…. ci ha lasciato…. Tutta una terminologia inadeguata o insufficiente per il credente che magari una volta parlava di “trapasso”. Si! Andare oltre, superare una frontiera, varcare una soglia e poi rimanere uniti,
- ora nella preghiera di suffragio
- ora nella comunione dei santi.
Un fiore sulla tomba come segno di affetto non può mai mancare: un gesto di affetto e di quel calore umano che continua a scaldare e tenere vivo un rapporto. Relazioni di gratitudine innanzi tutto.
Azzerare le distanze ? Non si può. Tra le tante possibili illusioni, non aggiungiamo anche questa.
Coltivare un sentimento come quando si guarda una foto e la si bacia ? S.
Affievolire il dolore, che è costitutivo della vita umana, con una qualche certezza? SI. Quella della speranza-certezza si stare nuovamente insieme nella comunione dei Giusti, secondo la più genuina tradizione biblica che è tradizione di salvezza.
Un fiore lo porto di persona se posso.
Una preghiera è sempre possibile con amore e carità, e in una wi-fi con la password che è la fede e la speranza.
Un dono tramite e-commerce? No grazie. Il defunto rispedirebbe sdegnato al mittente e il drone abilitato al recapito annoterebbe: destinatario sconosciuto, recapito inesistente.