Archivi categoria: Don Bosco

COMUNICARE CON DON BOSCO

 

 

Giovanni Bosco

un comunicatore della sua esperienza di vita,

della sua passione educativa giovanile e popolare,

della paternità ricevuta come orfano,

della famigliarità acquisita nell’amore coinvolgente di Mamma Margherita.

Uomo di relazione e di relazioni,

desideroso di offrire una lettura per conoscere, di stimolare una ragione per capire, di pro-vocare una fede per andare oltre l’immediato.

La parolina all’orecchio era un tweet,

la Buona Notte era l’editoriale della sera per la giornata che volgeva al termine,

il canto esprimeva la gioia e l’allegria del cuore,

la banda musicale imprimeva un ritmo corale alle azioni,

il teatro suscitava emozioni e distraeva dalla fatica quotidiana.

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VALDOCCO, QUALE ORATORIO PER IL TERZO MILLENNIO ?

VALDOCCO – QUALE ORATORIO PER IL TERZO MILLENNIO ?

Un Convegno dei Salesiani in Italia per farsi interrogare sul futuro dell’ Oratorio a partire dalle intuizioni educative di Don Bosco espresse nella esperienza di Valdocco.

Mentre scorrono le immagini del Convegno che si può seguire in diretta Facebook e con uno sguardo un po’ più attento al materiale disponibile nelle pagine web https://donboscoitalia.it/ , evidenzio due nuclei tematici, o meglio, per rispetto all’autore Don Rossano Sala, due polarità generative per il rinnovamento.

Perché ?

  • Perché innanzi tutto, la prima, va a richiamare un elemento spesso disatteso, a partire da ciò che può evocare il vocabolo cultura, che deve rimandare più al laboratorio che al ricreatorio.
  • E, seconda polarità, la proposta a non disattendere l’ ambiente digitale nel quale siamo tutti immersi e dal quale siamo tutti avvolti. Siamo on line, e questa situazione rimanda, molto più di quanto ne siamo coscienti, al contesto culturale che anche insensibilmente induce a modellare lo stile educativo per gli adulti e per i giovani.

(Dalla Relazione di Don Rossano Sala )

3.2. Libertà responsoriale e libertà responsabile

La seconda parola è cultura. Spero che non vi suoni troppo strano quello che vi dico – perché nel “criterio oratoriano” uno dei quattro pilastri dell’oratorio è esattamente il fatto che l’oratorio dovrebbe essere una “scuola che avvia alla vita” – ma sono convinto che se vogliano avere qualcosa di serio da dare ai giovani tra i 18 e i 28 anni al di là di un intrattenimento che non ha più alcuna presa su di loro, siamo chiamati a recuperare con forza la dimensione culturale della fede. Molti di questi giovani sono studenti universitari.

Per dirla in maniera piuttosto semplice e per collegarmi al punto precedente – quello della fede e dell’ascolto, se veramente ci mettiamo in ascolto dell’umanità in quanto tale e della sua struttura fondante, ci accorgeremo che oggi viviamo dentro il grande inganno di una libertà e di una coscienza che sono pensate in forma autoreferenziale: invece

la concezione della vita come vocazione invita l’essere umano a rinunciare alla menzogna dell’autofondazione e all’illusione dell’autorealizzazione narcisistica, per lasciarsi interpellare attraverso la storia dal disegno con cui Dio ci destina gli uni al bene degli altri (Instrumentum laboris, n. 90).

La questione è proprio quella della libertà, una delle parole che oggi ha perso quasi del tutto il suo significato originariamente cristiano. Il Documento finale del Sinodo in forma strategica gli dedica ben quattro numeri tra i più profondi e impegnativi (nn. 73-76). Lì si dice che «la natura della libertà è radicalmente responsoriale» (n. 74): che significa? Che è frutto di un dono, che sono quello che sono perché ho ricevuto tanto dalla vita, che sono una creatura e quindi non mi sono fatto da me, ma sono intessuto della dedizione di altri. E solo quando ci si sente generati si diventa riconoscenti e ricchi di gratitudine. E solo per questa via si diventa autenticamente responsabili, cioè generosi verso gli altri, proprio perché ci si sente costituiti dalla generosità di altri.

Penso che i giovani abbiano bisogno di questo pane solido del pensiero cristiano, debbano trovare un centro giovanile dove si frequenta il pensiero cristiano e i maestri dello spirito. Senza di questo avremo oratori senza spina dorsale, senza capacità di resistenza verso una cultura che omologa e appiattisce l’umano livellandolo verso una dinamica di godimento impulsivo-compulsivo oramai divenuto insopportabile.

IN CHE MODO È PROPOSTA NEI NOSTRI CENTRI GIOVANILI UNA VISIONE CRISTIANA DEL MONDO E UNA VISIONE CRITICA DEL MONDO IN CUI VIVIAMO?

3.3. Ambiente digitale e spirito di famiglia

Il primo e più importante “snodo cruciale” emerso al Sinodo è quello dell’ambiente digitale (cfr. Documento finale,

  1. 21-24). Viviamo in un mondo digitalizzato che ci pervade completamente, dove

non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri (n. 21).

Oltre ad essere uno spazio di grandi e positive opportunità, non si può nascondere che uno degli effetti più paradossali di questa connessione continua è l’esperienza della solitudine di molti giovani:

L’ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche. Nuove forme di violenza si diffondono attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il web è anche un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo (n. 23).

Affrontare questa nuova trasversalità digitale rimane una delle sfide più grandi dei nostri centri giovanili. Penso che la risorsa fondamentale a nostra disposizione sia lo spirito di famiglia: il pilastro della “casa che accoglie” insieme al “cortile per incontrarsi tra amici”. Sempre mi pongo la domanda su quale sia il cortile adeguato ai giovani del III millennio e penso che nella lettera da Roma di don Bosco ci siano i cardini della soluzione anche per il nostro tempo, molto nuovo ma sempre antico, perché il bisogno di relazione – che si caratterizza dall’essere ascoltato e amato, dalla ricerca della vita fraterna e dal bisogno di comunità – è insopprimibile.

QUALI STRATEGIE STIAMO MATURANDO PER VIVERE LO SPIRITO DI FAMIGLIA NEL MONDO DIGITALIZZATO?

 

 

 

 

Nell’immaginario collettivo, può emergere la idea dell’oratorio come esperienza certamente educativa, sostenuta ora dal gioco, ora dal tempo libero, ora dalla proposta leggera  e adatta a tutti senza chiedere alcun impegno, ora la gita o la vacanza al mare e in montagna, …. E non manca chi magari lo disprezza perché contestualizzato all’ombra di un campanile.

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Dire oggi e per il futuro “oratorio” può significare attivare un processo di ricerca

  • perché la prassi educativa sia sostenuta innanzi tutto dallo studio e dalla passione per chi è ragazzo/giovane
  • perché la prassi educativa sia il risultato di un impegno sinergico di più risorse educatrici
  • perché la prassi educativa sia il congiungimento arricchente di più esperienze (dalla scuola alla catechesi, dalla famiglia alla integrazione sociale, dalla comunità ecclesiale alla comunità e istituzione civile)
  • perché la prassi educativa sia irrobustita dalla presenza dell’adultità propositiva, presente e sensata
  • perché la prassi educativa sia riordinata, riorganizzata, rimodellata, ri-creata nel contesto dell’oggi digitale in un orizzonte di cybereducazione.

Educare è investire per il futuro che appartiene ed è un patrimonio da non disperdere perché sia eredità bramata.