Archivio mensile:Febbraio 2013

GRAZIE PAPA BENEDETTO

Oltre il momento presente
GRAZIE

Per una esperienza spirituale incarnata,
per un governo teologale nella storia degli uomini,
per una storia di salvezza nelle vicende umane temporali,
per una storia avanti Cristo e dopo Cristo e non prima di un Papa e dopo un Papa,
per una Chiesa con Gesù sommo sacerdote e capo,
contro i personalismi sociali ed ecclesiali,
per un’intelligenza al servizio del Vangelo e un cuore al servizio dell’intelligenza,
per una presenza utile ma non indispensabile,
… “umili servi nella vigna del Signore”.

MORTO UN PAPA SE NE FA UN ALTRO

Umile lavoratore nella vigna del Signore

Anche questo proverbio sembra essere decaduto e crollato dopo secoli. Eppure mantiene tutto il suo significato: la storia va avanti e, nella storia, vanno avanti i progetti specie se non hanno come fondamento le nostre energie.
Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice.
L’affermazione è chiara e non ha nulla di innovativo. E’ dottrina tradizionale fondata sul nucleo originale e fondativo dell’essere Chiesa: il pastore è uno solo.

La storia, sia civile sia ecclesiale, nella sua componente umana talvolta subisce qualche incrostazione, che non elimina, ma nasconde o rende meno chiaro il disegno originale. Questa stessa storia, con la pur corretta espressione che designa il Papa come “vicario di Cristo in terra” rischia continuamente di accentuare il “vicario …. in terra”: biografia, curriculum vitae, decisioni nel governo.
Accentuare è doveroso e legittimo, ma non può esaurire la valutazione dell’insieme del quadro. E’ come se volendo illuminare un dipinto, la luce è diretta su un particolare a scapito di altri e dell’insieme.
Accentuare il “vicario …. in terra” è necessario e doveroso: rende ragione della vocazione divina nell’origine e nella fine, ma gestita quotidianamente nell’umano.
Accentuare non significa esaurire perché si rischia di dimenticare quel genitivo qualificante e motivante: “di Cristo”.

Senza proseguire con ulteriori specificazioni, c’è da dire che il gesto della rinuncia con le parole che motivano e spiegano, si direbbe “profetizzano”, aiutano a fare ordine anche in questo spazio di fede.

Si può fare un passo ulteriore che aiuta a capire il senso di quella vocazione (ministero petrino) che va valutato non in se, ma in quanto capace di essere fedele a un progetto che ha come mandante il Sommo Pastore. E il progetto è: “…governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo,….. servire di tutto cuore,…. la Santa Chiesa di Dio “.
E’ stato ricevuto un mandato e una missione da compiere, “per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005”,: ma un mandato non assoluto nei contenuti e non eterno nel tempo. Il Papa è si un “monarca”, ma di una monarchia particolare, che celebra “Cristo Re” nell’ultima domenica dell’ Anno Liturgico, e che prega “ Nella pienezza dei tempi hai mandato il tuo Figlio, ospite e pellegrino in mezzo a noi, per redimerci dal peccato e dalla morte; e hai donato il tuo Spirito, per fare di tutte le nazioni un solo popolo nuovo che ha come fine il tuo regno, come condizione la libertà dei tuoi figli, come statuto il precetto dell’amore”.(Prefazio VI del Tempo ordinario).

Se il ministero è stato ricevuto da una persona in uno specifico momento della sua storia personale, oltre che della storia dell’umanità, entra in un dinamismo come quello di tutte le persone, soggette all’evoluzione della mente e all’invecchiamento del corpo, alla freschezza del cuore e all’indebolimento delle forze: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino.
Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.”

Queste espressioni rimandano ancora ad almeno due elementi.
Il primo è quello che fa riferimento e rimanda alla coscienza, assoggettata continuamente al giudizio di Dio, in un esercizio di discernimento personale che va rispettato, perché tocca uono dei doni e delle responsabilità più grandi per ogni persona: la libertà.
L’altro elemento ha a che fare con una tipologia e una modalità di servizio nella Chiesa e per la Chiesa oltre l’attività talvolta frenetica, l’efficienza dei processi e l’efficacia dei risultati: “.. non meno soffrendo e pregando”.

Benedetto XVI conclude il suo annuncio: “Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio”. Si è in molti a dover riflettere sulle fondamenta e sulle modalità di esercizio della carità, dell’apostolato, del volontariato, dello zelo apostolico, delle forme e modalità della missione e della nuova evangelizzazione.

Il gesto di Papa Benedetto esplicita la sua affermazione: “umile lavoratore nella vigna del Signore”.